Adriano in Siria, Torino, Reale, 1757, I

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sala terrena con sedie.
 
 SABINA ed AQUILIO
 
 SABINA
 Come! Ch'io parta! A questo segno è cieco,
1065è ingiusto a questo segno? E di qual fallo
 vuol punirmi Adriano?
 AQUILIO
                                             Ei sa che fosti
 d'Emirena e Farnaspe
 consigliera alla fuga. Ei del custode
 ti crede seduttrice.
1070Se ne querela e dice
 che del trono offendesti
 le sacre inviolabili ragioni,
 che disturbi e scomponi
 gli ordini suoi, che apprenderan, se resti,
1075tutti ad essergli infidi. E con tal arte
 sa i tuoi falli ingrandir che a chi lo sente
 nel punirti così sembra clemente.
 SABINA
 Non può nome di colpa
 un'opra meritar, se ree non sono
1080le cagioni, gli oggetti
 onde fu mossa, ov'è diretta. Io volli
 serbando la sua gloria,
 beneficando una rival di nuovo
 proccurarmi il suo cor. Non l'odio o l'ira
1085mi consigliò ma la pietà, l'amore;
 onde error non commisi o è lieve errore.
 AQUILIO
 Sabina, io lo conosco; e lo conosce
 forse Adriano ancor. Ma giova a lui
 un lodevol pretesto.
 SABINA
                                       E ben mi vegga
1090e n'arrossisca.
 AQUILIO
                             Il comparirgli innanzi
 di vietarti m'impose.
 SABINA
                                          Oh dei! Ma deggio
 partir senza vederlo?
 AQUILIO
                                         Appunto.
 SABINA
                                                             E quando?
 AQUILIO
 Già le navi son pronte.
 SABINA
                                            Un tal comando
 ubbidir non si deve.
 AQUILIO
                                        Ah no. Ti perdi.
1095Parti. Fidati a me. Lo vincerai
 non resistendo. Io cercherò l'istante
 di farlo ravveder.
 SABINA
                                   Ma digli almeno...
 AQUILIO
 Va'. Senz'altro parlar t'intendo appieno.
 SABINA
 
    Digli ch'è un infedele;
1100digli che mi tradì.
 Senti. Non dir così.
 Digli che partirò;
 digli che l'amo.
 
    Ah se nel mio partir
1105lo vedi sospirar,
 tornami a consolar,
 che prima di morir
 di più non bramo. (Parte)
 
 SCENA II
 
 AQUILIO solo
 
 AQUILIO
 Io la trama dispongo
1110perché parta Sabina e poi m'affanno
 nel vederla partir! Pensa, o mio core,
 che la perdi se resta. Ella risveglia
 d'Augusto la virtù. Soffrir non puoi
 l'assenza del tuo bene;
1115ma, se lieto esser vuoi, soffrir conviene.
 
    Più bella al tempo usato
 fan germogliar la vite
 le provvide ferite
 d'esperto agricoltor.
 
1120   Non stilla in altra guisa
 il balsamo odorato
 che da una pianta incisa
 dall'arabo pastor. (Vuol partire)
 
 SCENA III
 
 ADRIANO ed AQUILIO
 
 ADRIANO
 Aquilio, che ottenesti?
 AQUILIO
1125Nulla, signore. Ad ubbidirti inteso
 non trascurai ragione
 per trattener Sabina. È risoluta
 e vuol partir. Per argomento adduce
 che male al suo decoro
1130converrebbe il restar, che a te non deve
 esser più grave; e moderate a segno
 son le querele sue che d'altro amante
 la credo accesa. Io giurerei che serve
 l'incostanza d'Augusto
1135di pretesto alla sua.
 ADRIANO
                                      No, non mi piace
 questa soverchia pace. Andiamo a lei.
 AQUILIO
 Perché? Cesare teme
 d'una donna lo sdegno?
 ADRIANO
 No.
 AQUILIO
           La vuoi tua consorte?
 ADRIANO
1140Oh dio!
 AQUILIO
                  Dunque arrestarla a noi che giova?
 ADRIANO
 Io stesso nol so dir.
 AQUILIO
                                      Deh pensa adesso
 a porre in uso il mio consiglio. Un cenno
 d'Osroa sarà bastante
 perché t'ami Emirena. Ella ti sdegna
1145per non spiacere al padre; e al padre alfine
 parrà gran sorte il ricomprarsi un regno
 con le nozze di lei. Questo pensiero
 ti piacque pur. Ne convenisti.
 ADRIANO
                                                        Io feci
 ancor di più. Dal carcere ordinai
1150ch'Osroa a me si traesse. Ei venne e attende
 qui presso il mio comando.
 AQUILIO
                                                    E perché dunque
 or l'opra non compisci?
 ADRIANO
                                             Ah tu non sai
 qual guerra di pensieri
 agita l'alma mia. Roma, il Senato,
1155Emirena, Sabina,
 la mia gloria, il mio amor, tutto ho presente;
 tutto accordar vorrei; trovo per tutto
 qualche scoglio a temer. Scelgo, mi pento;
 poi d'essermi pentito
1160mi ritorno a pentir; mi stanco intanto
 nel lungo dubitar, tal che dal male
 il ben più non distinguo; alfin mi veggio
 stretto dal tempo e mi risolvo al peggio.
 AQUILIO
 Eh finisci una volta
1165di tormentar te stesso. Hai quasi in braccio
 la bella che sospiri e non ardisci
 di stringerla al tuo seno? Io non ho core
 di vederti soffrir. Vado de' Parti
 ad introdurre il re.
 ADRIANO
                                     Senti. E se poi...
 AQUILIO
1170Non più dubbi, signor.
 ADRIANO
                                            Fa' quel che vuoi. (Parte Aquilio)
 
 SCENA IV
 
 ADRIANO, poi OSROA ed AQUILIO
 
 ADRIANO
 Che dir può il mondo? Alfine
 il conservar la vita
 è ragion di natura. E in tanta pena
 io viver non saprei senza Emirena.
 OSROA
1175Che si chiede da me?
 ADRIANO
                                          Che 'l re de' Parti
 sieda e m'ascolti. E se non pace intanto
 abbia triegua il suo sdegno. (Siede)
 OSROA
 A lunga sofferenza io non m'impegno. (Siede)
 AQUILIO
 (Del mio destin si tratta).
 ADRIANO
                                                 Osroa, nel mondo
1180tutto è soggetto a cambiamento; e strano
 saria che gli odi nostri
 soli fossero eterni. Alfin la pace
 è necessaria al vinto,
 utile al vincitor. Fra noi mancata
1185è la materia all'ire. Il fato avverso
 tanto ti tolse e tanto
 mi diè benigno il ciel che non rimane
 né che vincere a noi
 né che perdere a te.
 OSROA
                                       Sì. Conservai
1190l'odio primiero, onde mi resta assai.
 AQUILIO
 (Che barbara ferocia!)
 ADRIANO
                                            Ah non vantarti
 d'un ben che posseduto
 tormenta il possessor. Puoi meglio altronde
 il tuo fasto appagar. Sappi che sei
1195arbitro tu del mio riposo, appunto
 qual son io de' tuoi giorni. Ordina in guisa
 gli umani eventi il ciel che tutti a tutti
 siam necessari; e 'l più felice spesso
 nel più misero trova
1200che sperar, che temer. Sol che tu parli,
 la principessa è mia. Sol ch'io lo voglia,
 tu sei libero e re. Facciamo, amico,
 uso del poter nostro
 a vantaggio d'entrambi. Io chiedo in dono
1205da te la figlia e t'offerisco il trono.
 AQUILIO
 (Tremo della risposta).
 ADRIANO
                                             E ben che dici? (Ad Osroa)
 Tu sorridi e non parli?
 OSROA
                                            E vuoi ch'io creda
 sì debole Adriano?
 ADRIANO
                                     Ah che purtroppo,
 Osroa, io lo son. Dissimular che giova?
1210Se la bella Emirena
 meco non veggo in dolce nodo unita,
 non ho ben, non ho pace e non ho vita.
 OSROA
 Quando basti sì poco
 a renderti felice, io son contento
1215che si chiami la figlia.
 ADRIANO
                                           Accetti dunque
 le offerte mie.
 OSROA
                             Chi ricusar potrebbe?
 ADRIANO
 Ah tu mi rendi, amico,
 il perduto riposo. Aquilio, a noi
 la principessa invia.
 AQUILIO
1220Ubbidito sarai. (Sabina è mia). (Parte)
 ADRIANO
 Ora a viver comincio. Olà togliete
 quelle catene al re de' Parti. (Escono due guardie)
 OSROA
                                                      Ancora
 non è tempo, Adriano. Io goderei
 prima de' doni tuoi che tu de' miei.
 ADRIANO
1225Van riguardo. Eseguite (Alle guardie)
 il cenno mio.
 OSROA
                           Non è dover. Partite. (Partono le guardie)
 ADRIANO
 Dal peso ingiurioso io pur vorrei
 vederti alleggerir.
 OSROA
                                    Son sì contento
 pensando all'avvenir ch'io non lo sento.
 ADRIANO
1230E pur non viene. (Guardando per la scena)
 OSROA
                                   Impaziente anch'io
 ne sono al par di te.
 ADRIANO
                                       La principessa
 io vado ad affrettar. (S’alza)
 OSROA
                                        No. Già s'appressa. (S’alza trattenendolo)
 
 SCENA V
 
 EMIRENA, ADRIANO ed OSROA
 
 ADRIANO
 Bellissima Emirena... (Incontrandola)
 OSROA
                                           A lei primiero (Ad Adriano)
 meglio sarà ch'io tutto spieghi.
 ADRIANO
                                                          È vero.
 EMIRENA
1235(Perché son così lieti!)
 OSROA
                                            E pure, o figlia,
 fra le miserie nostre abbiamo ancora
 di che goder. Lo crederesti? Io trovo
 nella bellezza tua tutto il compenso
 delle perdite mie.
 EMIRENA
                                    Che dir mi vuoi?
 ADRIANO
1240Quella fiamma verace... (Ad Emirena)
 OSROA
 Lasciami terminar. (Ad Adriano)
 ADRIANO
                                       Come a te piace.
 OSROA
 Tal virtù ne' tuoi lumi (Ad Emirena)
 raccolse amico il ciel che fatto servo
 il nostro vincitor per te sospira,
1245offre tutto per te, scorda gli oltraggi,
 s'abbassa alle preghiere, odia la vita
 senza di te che per suo nume adora...
 ADRIANO
 Tu dunque puoi... (Ad Emirena)
 OSROA
                                     Non ho finito ancora. (Ad Adriano)
 ADRIANO
 Mi fa morir questa lentezza. (Da sé)
 OSROA
                                                       Io voglio...
1250Senti, o figlia, e scolpisci
 questo del genitore ultimo cenno
 nel più sacro dell'alma. Io voglio almeno
 in te lasciar morendo
 la mia vendicatrice. Odia il tiranno
1255come io l'odiai finora. E questa sia
 l'eredità paterna.
 ADRIANO
                                   Osroa, che dici?
 OSROA
 Né timor né speranza
 t'unisca a lui. Ma forsennato, afflitto
 vedilo a tutte l'ore
1260fremer di sdegno e delirar d'amore.
 ADRIANO
 Giusti dei, son schernito!
 OSROA
 Parli Cesare adesso. Osroa ha finito.
 ADRIANO
 Sconsigliato, infelice, e non t'avvedi
 che tu il fulmine accendi
1265che opprimerti dovrà?
 OSROA
                                            Smania, o superbo.
 Son le tue furie il mio trionfo.
 ADRIANO
                                                         Oh numi,
 qual rabbia! Qual veleno!
 Che sguardi! Che parlar! Tanto alle fiere
 può l'uomo assomigliar! Stupisco a segno
1270che scema lo stupor forza allo sdegno.
 
    Barbaro, non comprendo
 se sei feroce o stolto.
 Se ti vedessi in volto,
 avresti orror di te.
 
1275   Orsa nel sen piagata,
 serpe nel suol calcata,
 leon che aprì gli artigli,
 tigre che perda i figli
 fiera così non è. (Parte)
 
 SCENA VI
 
 OSROA ed EMIRENA
 
 OSROA
1280Figlia, s'è ver che m'ami, ecco il momento
 di farne prova; un genitor soccorri
 che ti chiede pietà.
 EMIRENA
                                      Se basta il sangue,
 è tuo; lo spargerò.
 OSROA
                                    Toglimi all'ire
 del tiranno roman. Senza catene
1285ti veggo pur.
 EMIRENA
                          Sì; ci conobbe Augusto
 d'ogni insidia innocenti e le disciolse
 a Farnaspe ed a me. Ma qual soccorso
 perciò posso recarti?
 OSROA
                                         Un ferro, un laccio,
 un veleno, una morte,
1290qualunque sia.
 EMIRENA
                              Padre, che dici? E queste
 sarian prove d'amor? La figlia istessa
 scellerata dovrebbe... Ah senza orrore
 non posso immaginarlo. Invan lo speri.
 Il cor l'opra abborrisce; e quando il core
1295fosse tanto inumano,
 sapria nell'opra istupidir la mano.
 OSROA
 Va'. Ti credea più degna
 dell'origine tua. Tremi di morte
 al nome sol! Con più sicure ciglia
1300riguardarla dovria d'Osroa una figlia.
 
    Non ritrova un'alma forte
 che temer nell'ore estreme.
 La viltà di chi lo teme
 fa terribile il morir.
 
1305   Non è ver che sia la morte
 il peggior di tutt'i mali;
 è un sollievo de' mortali
 che son stanchi di soffrir. (Parte)
 
 SCENA VII
 
 EMIRENA e poi FARNASPE
 
 EMIRENA
 Misera, a qual consiglio
1310appigliarmi dovrò?
 FARNASPE
                                      Corri, Emirena. (Con fretta)
 EMIRENA
 Dove?
 FARNASPE
                Ad Augusto.
 EMIRENA
                                         E perché mai?
 FARNASPE
                                                                      Proccura
 che 'l comando rivochi
 contro il tuo genitore.
 EMIRENA
 Qual è?
 FARNASPE
                  Vuol che traendo
1315delle catene sue l'indegna soma
 vada...
 EMIRENA
                A morte?
 FARNASPE
                                    No. Peggio.
 EMIRENA
                                                           E dove?
 FARNASPE
                                                                            A Roma.
 EMIRENA
 E che posso a suo pro?
 FARNASPE
                                            Va'; prega, piangi,
 offriti sposa ad Adriano; obblia
 i ritegni, i riguardi,
1320le speranze, l'amor. Tutto si perda
 e 'l re si salvi.
 EMIRENA
                            Egli pur or m'impose
 d'odiar Cesare sempre.
 FARNASPE
                                             Ah tu non devi
 un comando eseguir dato nell'ira
 ch'è una breve follia. Dobbiamo, o cara,
1325salvarlo a suo malgrado.
 EMIRENA
                                              Ad altri in braccio
 andar dunque degg'io? Tu lo consigli?
 E con tanta costanza?
 FARNASPE
                                          Ah principessa,
 tu non vedi il mio cor. Non sai qual pena
 questo sforzo mi costa. Allorch'io parlo,
1330non ho fibra nel seno
 che non senta tremar. Stilla di sangue
 non ho che per le vene
 gelida non mi scorra. Io so che perdo
 l'unico ben per cui
1335m'era dolce la vita. Io so che resto
 afflitto, disperato,
 grave agli altri ed a me. Ma l'Asia tutta
 che direbbe di noi, s'Osroa perisse,
 quando possiam salvarlo? Anima mia,
1340sacrifichiamo a questo
 necessario dover la nostra pace.
 Va'. Consorte d'Augusto
 il grado più sublime
 occupa della terra. Un gran sollievo
1345per me sarà quel replicar talora
 nel mio dolor profondo:
 «Chi diè legge al mio cor dà legge al mondo».
 EMIRENA
 Ah se vuoi ch'io consenta
 a perderti, ben mio, deh non mostrarti
1350così degno d'amor.
 FARNASPE
                                     Bella mia speme,
 no, non mi perdi. Infin ch'io resti in vita,
 t'amerò, sarò tuo, sol però quanto
 la gloria tua, la mia virtù concede.
 Lo giuro a' numi tutti e a que' bei lumi
1355che per me son pur numi. E tu... Ma dove
 mi trasporta l'affanno? Ah che ci manca
 anche il tempo a dolerci! Osroa perisce,
 mentre pensiamo a conservarlo.
 EMIRENA
                                                             Addio.
 FARNASPE
 Ascoltami.
 EMIRENA
                       Che vuoi?
 FARNASPE
                                            Va'... Ferma... Oh dei!
1360Vorrei che mi lasciassi e non vorrei.
 EMIRENA
 
    Oh dio, mancar mi sento,
 mentre ti lascio, o caro!
 Oh dio, che tanto amaro
 forse il morir non è!
 
1365   Ah non dicesti il vero,
 ben mio, quando dicesti
 che tu per me nascesti,
 ch'io nacqui sol per te! (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 FARNASPE solo
 
 FARNASPE
 Di vassallo e d'amante
1370la fedeltà, la tenerezza a prova
 pugnano nel mio seno. Or questa, or quella
 è vinta e vincitrice ed a vicenda
 varian fortuna e tempre;
 ma qualunque trionfi, io perdo sempre.
 
1375   Son sventurato;
 ma pure, o stelle,
 io vi son grato
 che almen sì belle
 sian le cagioni
1380del mio martir.
 
    Poco è funesta
 l'altrui fortuna,
 quando non resta
 ragione alcuna
1385né di pentirsi
 né d'arrossir. (Parte)
 
 SCENA IX
 
  Luogo magnifico del palazzo imperiale. Scala per cui si scende alle ripe dell’Oronte. Veduta di campagna e giardini su l’opposta sponda.
 
 SABINA con seguito di matrone, cavalieri romani ed AQUILIO
 
 SABINA
 Temerario! E tu ardisci
 di parlarmi d'amor? Né ti rammenti
 qual sei tu, qual io sono?
 AQUILIO
                                                Amore agguaglia
1390qualunque differenza. Il mio rispetto
 mi fe' tacer finora. Alfin tu parti.
 E nell'ultimo istante
 mi riduco a scoprir ch'io sono amante.
 SABINA
 Colpevole è l'affetto.
1395Oltraggioso il parlarne. Andiamo. (Al seguito)
 AQUILIO
                                                                Io veggio
 perché mi sdegni. Ancor ti sta nel core
 il barbaro, l'ingiusto,
 l'incostante Adriano.
 SABINA
 Olà. Del tuo sovrano (Tornando indietro)
1400parli così?
 AQUILIO
                      Questa favella appresi
 da te, lo sai.
 SABINA
                         So che non siam l'istesso;
 né quel che a me si soffre è a te permesso.
 
    È ingrato, lo veggio,
 ma siede nel soglio.
1405Non deggio, non voglio
 sentirlo accusar.
 
    Tradì l'amor mio,
 non cura il mio affanno;
 ma sola poss'io
1410chiamarlo tiranno,
 io sola di lui
 mi posso lagnar. (S’incammina Sabina per discendere alle navi)
 
 AQUILIO
 Men fiera un'altra volta
 forse in Roma sarai.
 
 0SCENA X
 
 ADRIANO con numeroso seguito e detti
 
 ADRIANO
                                        Sabina, ascolta.
 AQUILIO
1415(Ahimè!)
 SABINA
                     (Numi!) Che chiedi? (Tornando indietro)
 ADRIANO
                                                             A questo segno
 odioso ti son io che partir vuoi
 senza vedermi?
 SABINA
                                Ah non schernirmi ancora.
 Mi discacci, mi vieti
 di comparirti innanzi...
 ADRIANO
                                             Io! Quando? Aquilio,
1420non richiese Sabina
 la libertà d'abbandonarmi?
 SABINA
                                                     Oh dei!
 Non fu cenno d'Augusto (Ad Aquilio)
 ch'io dovessi partir senza mirarlo?
 AQUILIO
 (Se parlo mi condanno e se non parlo).
 SABINA
1425Perfido! Ti confondi. Intendo, intendo
 le trame tue. Sappi, Adriano...
 AQUILIO
                                                         Io stesso
 scoprirò l'error mio. Sabina adoro.
 Temei che alfin vincesse
 la sua virtù. Perciò da te lontana...
 ADRIANO
1430Non più. Tutto compresi. Anima rea,
 questa mercé mi rendi
 de' benefizi miei? Questa è la fede
 che devi al tuo signor? Tu mio rivale?
 Nemico alla mia gloria... Olà, costui
1435sia custodito. (Alle guardie)
 AQUILIO
                            Avversa sorte! (Aquilio è disarmato)
 ADRIANO
                                                        E meco
 rimanga la mia sposa.
 SABINA
                                           Io sposa! E quando?
 ADRIANO
 Fra poco. Non domando
 che tempo a respirar. Gli affetti miei
 lasciami ricomporre e poi vedrai...
 SABINA
1440Vedrò che questo dì non giunge mai.
 ADRIANO
 Giungerà, giungerà. Sento, o Sabina,
 che risano a gran passi. Il dover mio,
 d'Emirena i disprezzi,
 gli odi del genitore...
 
 SCENA XI
 
 EMIRENA, FARNASPE e detti
 
 EMIRENA
1445Ah Cesare pietà.
 FARNASPE
                                 Pietà, signore.
 ADRIANO
 Di chi?
 EMIRENA
                 Del padre mio.
 FARNASPE
 Dell'oppresso mio re.
 ADRIANO
                                          Roma, il Senato
 deciderà di lui. M'offese a segno
 che non voglio salvarlo;
1450né mi fido al mio sdegno in giudicarlo.
 EMIRENA
 Ma intanto lo punisci. È maggior pena
 questa ad Osroa d'ogni altra.
 ADRIANO
                                                       Omai non voglio
 più sentirne parlar.
 FARNASPE
                                       Dunque non curi
 d'Emirena che piange?
1455Ch'è tua sposa, se vuoi?
 ADRIANO
                                              Sposa?
 FARNASPE
                                                              Non chiede
 che 'l padre. E quella mano
 che può farti felice
 t'offre in mercede.
 ADRIANO
                                     Ella però nol dice. (A Farnaspe dopo aver guardato Emirena)
 SABINA
 (Ahimè!)
 FARNASPE
                     Parla, Emirena.
 EMIRENA
                                                    Assai, Farnaspe,
1460hai parlato per me.
 ADRIANO
                                      Con quanta forza
 all'offerta consente! Eh ch'io conosco
 tutto quel cor. No no. L'odio paterno,
 il suo laccio primiero è troppo forte.
 Mi sarebbe nemica ancor consorte.
 EMIRENA
1465No, Cesare, t'inganni. Il dover mio
 farà strada all'amor. Rivoca il cenno;
 perdona al genitor, per quel sereno
 raggio del ciel che nel tuo volto adoro,
 per quel sudato alloro (S’inginocchia)
1470che porti al crin, per questa invitta mano
 ch'è sostegno del mondo,
 ch'io bacio e stringo e del mio pianto inondo.
 ADRIANO
 Sorgi. Ah non pianger più. (Chi vide mai
 lagrime così belle? È donna o dea?
1475Quando m'innamorò, così piangea).
 SABINA
 (Che spero più?)
 FARNASPE
                                  Risolvi, Augusto.
 ADRIANO
                                                                   (Almeno
 fosse altrove Sabina).
 SABINA
 (Il mio scorno è sicuro).
 ADRIANO
 (I rimproveri suoi già mi figuro).
 SABINA
1480(Ah coraggio una volta). Augusto, io veggo...
 ADRIANO
 Ma che vedi, Sabina? Io non parlai,
 io non risolsi ancor. Già ti quereli,
 già reo mi vuoi. Qual legge mai, qual dritto
 permette di punir pria del delitto?
 SABINA
1485Non adirarti ancor; sentimi e credi
 che non arte d'amore,
 non mascherato sdegno
 in me ti parlerà. Puro nel volto
 tutto il cor mi vedrai.
 ADRIANO
                                          Parla. T'ascolto.
 SABINA
1490Io veggo, Augusto, e 'l vede
 purtroppo ognun, che t'affatichi invano
 per renderti a te stesso; ed io, che invece
 di sdegnarmi con te per tanti oltraggi
 sento che più m'accendo,
1495da quel che provo a compatirti apprendo.
 Troppo, troppo fatali
 son le nostre ferite. Uno di noi
 dee morirne d'affanno. Io se ti perdo,
 tu se perdi Emirena. Ah non sia vero
1500che per salvar d'inutil donna i giorni
 perisca un tale eroe. Serbati, o caro,
 alla tua gloria, alla tua patria, al mondo,
 se non a me. D'ogni dover ti sciolgo,
 ti perdono ogni offesa
1505ed io stessa sarò la tua difesa.
 ADRIANO
 Che dici?
 SABINA
                     A me più non pensar. Saranno
 brevi le pene mie. Morrei contenta,
 se i giorni che 'l dolore (Piange)
 usurpa a me ti raddoppiasse amore.
 ADRIANO
1510Anima generosa,
 degna di mille imperi! Anima grande!
 Qual sovrumano è questo
 eccesso di virtù? Tutti volete
 dunque farmi arrossir? Fedel vassallo,
1515tu la sposa mi cedi (A Farnaspe)
 a favor del tuo re. Figlia pietosa,
 sacrifichi te stessa (Ad Emirena)
 tu per il padre tuo. Tradita amante, (A Sabina)
 non pensi tu che al mio riposo. Ed io,
1520io sol fra tanti forti
 il debole sarò? Né mi nascondo
 per vergogna a' viventi? E siedo in trono?
 E do leggi alla terra? Ah no. Vi sento
 ribollir per le vene
1525spirti di gloria e di virtù. Mi desto
 dal letargo funesto ond'era avvolto;
 son disciolto, son mio. Perdono, o cara,
 o illustre mia liberatrice. Osserva
 quale incendio d'onore
1530m'hai svegliato nell'alma. In questo giorno
 tutti voglio felici. Ad Osroa io dono
 e regno e libertà. Rendo a Farnaspe
 la sua bella Emirena. Aquilio assolvo
 d'ogni fallo commesso
1535e a te degno di te rendo me stesso. (A Sabina)
 SABINA
 Oh gioie!
 EMIRENA
                     Oh tenerezze!
 FARNASPE
 Oh contento improvviso!
 SABINA
 Ecco il vero Adriano. Or lo ravviso.
 FARNASPE
 Deh, Cesare, permetti
1540ch'Osroa a te venga.
 ADRIANO
                                       Ah no. Rincrescerebbe
 a quell'alma sdegnosa
 l'aspetto mio. Con quelle navi istesse
 dov'ora è prigionier, vada sovrano
 dove gli piace. E, se mi vuole amico,
1545dite che Augusto il brama e non lo chiede.
 Sia dono l'amicizia e non mercede.
 FARNASPE
 Oh magnanimo cor!
 ADRIANO
                                        Tu principessa, (Ad Emirena)
 quanto da me dipende
 chiedimi e l'otterrai. Lasciami solo
1550la pace del mio cor. Poco è sicura,
 finché appresso mi sei. Subito parti,
 io te ne priego. Ecco il tuo sposo. Il padre
 colà ritroverai. Lieti vivete
 e tutti tre spargete
1555questi deliri miei d'eterno obblio.
 EMIRENA
 Almen, signor...
 ADRIANO
                                Basta, Emirena. Addio.
 CORO
 
    S'oda, Augusto, infin su l'etra
 il tuo nome ognor così
 
    e da noi con bianca pietra
1560sia segnato il fausto dì.
 
 
 LICENZA
 
 Cesare, non turbarti. A te non osa
 somigliarsi Adrian. Quando al tuo sguardo
 le sue vicende espone,
 fa spettacol di sé, non paragone.
1565Troppo minor del vero
 l'immagine sarebbe e troppo chiare,
 signor, fra voi le differenze sono.
 A lui diè luce il trono,
 la riceve da te. Fu grande e giusto
1570ei talvolta e tu sempre. I propri affetti
 ei debellò, tu gli previeni. Ei scelse
 tardi le vie d'onor, tu le scegliesti
 de' giorni tuoi fin su la prima aurora.
 Lui la terra ammirò, te il mondo adora.
 
1575   Non giunge degli affetti
 la turba contumace
 a violar la pace
 del tuo tranquillo cor.
 
    Così del re de' numi
1580fremon, ma sotto al trono,
 e 'l turbine ed il tuono
 e le tempeste e i fiumi
 nelle lor fonti ancor.
 
 IL FINE